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Ancora sui “Concerti per le scuole”: il rock, perché no?

Un anno dopo la storia del jazz (v. 2001: coi “Concerti per le scuole” affrontiamo la storia del jazz) avevamo proposto un concerto che avrebbe potuto sembrare anomalo. Lo intitolammo «Ai miei nonni piace il rock», anche perché il rock di cui si è parlato includeva l’arco di tempo tra il 1955 di Bill Haley e il 1972 di Elton John, passando attraverso una decina di fermate che ci erano sembrate, storicamente e artisticamente, dei momenti significativi.

Per intenderci: in quei primi anni del XXI secolo i nomi pop più gettonati, almeno alle nostre latitudini italiche, erano quelli di Kylie Minogue, Tiziano Ferro, Raf, Anastacia, Robbie Williams, Alicia Keys, Shakira, Avril Lavigne, Eminem, Madonna… Era probabilmente ciò che ascoltava e orecchiava il nostro pubblico di quegli anni.

Tra le 47 produzioni portate in scena tra il 1998 e il 2017, questa sintesi del tutto arbitraria della storia del rock è quella che ha incassato il pubblico più numeroso: la statistica parla di 4’347 spettatori, tanto che fummo costretti ad aggiungere ben tre nuove repliche alle sei tradizionalmente previste. In questo caso, a differenza di altri, non è così difficile ipotizzare la chiave del successo: si pensi all’età che avevano gli insegnanti e alla presenza sul palco di un gruppo di musicisti ticinesi tra i più bravi e conosciuti: i nostri assidui collaboratori Giovanni Galfetti e Oliviero Giovannoni, ai quali si erano aggiunti Renato Perucchi, Mario Del Don e Fabrizio Ghiringhelli, nonché Roberto Maggini.

Purtroppo sono ben poche le produzioni di cui abbiamo conservato un documento audiovisivo. C’è comunque un certo interesse nel vedere la top nine degli spettacoli che hanno registrato un successo statisticamente significativo (è, quindi, una “valutazione” solo quantitativa). Dunque: al secondo posto c’è «Viva Mozart!» (2003), poi la fiaba musicale «La compagnia del bosco scintillante» (2004); al quarto posto «Piano pianissimo» (2002), una sfida divertente tra un pianista classico (Michele Fedrigotti sul piano a coda), un pianista jazz (Rossano Sportiello al piano verticale) e un tastierista rock-pop (Giovanni Galfetti). Ecco in seguito l’«Incontro con Johann Sebastian Bach» (1999), che segnò il definitivo addio alle scene di uno dei più importanti attori svizzeri, Hannes Schmidhauser. In sesta posizione troviamo «Ludwig van Beethoven» (2004), seguito da un’altra fiaba – «La barba magica di Natale» (2012) – spettacolo tratto dall’omonimo racconto di Simone Fornara, pure sul palco nei panni del cattivissimo Scuro Moltamorte. A chiudere la classifica «Il Natale e altro nella musica tradizionale italiana» (2009, coi Musicanti del Piccolo Borgo di Arezzo) e «Un pianista chiamato Chopin» (2007, col pianista André Desponds e la danzatrice Andrea Herdeg).


Uno dei disegni di Mario del Don, concepiti appositamente per questo spettacolo, così come le sagome dei pesci e del sottomarino protagonisti, in teatro, di Yellow submarine.

2001: coi “Concerti per le scuole” affrontiamo la storia del jazz

Ho parlato più volte, in questo blog, dell’importanza che la scuola, già a partire dai primissimi anni della scuola dell’obbligo, proponga regolarmente dei momenti di fruizione artistica e culturale, partendo ad esempio da un quadro, da un romanzo, da una poesia, da una musica…

Nei mesi scorsi ho potuto recuperare il video di un bel concerto-spettacolo del 2001, proposto nell’ambito dei «Concerti per le scuole» che ho organizzato e continuo a organizzare a partire dal dicembre del 1998, con tante collaborazioni a geometria variabile.

Nelle proposte per ogni edizione non mi sono mai presentato con la puzza sotto il naso – basta scorrere l’elenco delle tante edizioni per rendersene conto.

Con «Tutti quanti voglion fare jazz!», titolo scippato ai famosi «Aristogatti» della Walt Disney Productions, abbiamo voluto tentare una spiegazione di cosa fosse il jazz, attraverso uno spettacolo divertente e pieno di ottima musica dal vivo. A dire il vero il jazz aveva già fatto capolino in due occasioni precedenti, nel ’93 e nella primavera del ’98, quando i Concerti muovevano i primi passi con la regia dell’Accademia Vivaldi. Stavolta, però, volevamo andare oltre, con qualche velleità “didattica”.

Un amico di lunga data, Primo Mella, era un jazzista per passione. Quel poco che so del jazz e della sua storia lo so grazie a lui e alla sua voglia di fare proselitismo, tanto che una volta, quando insegnavo ancora nella scuola elementare, lo invitai in classe. Arrivò armato di passione, con un pacco di storici vinili sotto il braccio e una gran voglia di raccontarci tutte le vicende del jazz. Fu un pomeriggio indimenticabile.

Tuttavia, qualche anno prima, con la scomparsa della moglie, aveva troncato col jazz e con le esibizioni pubbliche, preferendo lo studio della chitarra classica, che esercitava strettamente a casa sua, in un ambiente intimo e contemplativo. Lo chiamai lo stesso per farmi dare una mano. Ci incontrammo in un bar vicino al suo ufficio e gli esposi l’idea: raccontare la storia del jazz al nostro pubblico di ragazzini della scuola dell’infanzia e di quella elementare. Pochi giorni dopo arrivò da me con un progetto tratteggiato a penna su un foglio, con una chiarezza che solo chi conosce bene la materia può permettersi.

Coinvolgemmo alcuni grandi musicisti locali – Oliviero Giovannoni e Danilo Moccia – coi quali avevo già collaborato, poi due attori – Nancy Fürst e Emmanuel Pouilly, anch’essi “vecchie” e fidate conoscenze. E, naturalmente, Giovanni Galfetti, musicista e docente di educazione musicale alla scuola Magistrale. Grazie ai contatti della coppia Moccia/Giovannoni completammo l’organico della nostra orchestra con un gruppetto di musicisti italiani di varie età ed esperienze: Luigi Tognoli, Alfredo Ferrario, Lalo Conversano e un giovanissimo Rossano Sportiello.

Lo spettacolo fu presentato al Teatro di Locarno il 5/6 aprile 2001. Sull’arco di sei repliche fu applaudito da poco meno di 2 mila 800 spettatori, allievi delle scuole dell’infanzia, elementari e speciali del Locarnese, coi loro insegnanti. Per l’occasione chiedemmo al Servizio di educazione ai mass media del Centro Didattico Cantonale di realizzare una registrazione dello spettacolo.

Ancor oggi faccio fatica a capire come mai l’incontro della scuola con una qualsiasi manifestazione artistica resti troppo spesso una pausa episodica, una specie di ricreazione pedagogica, che in pochi si sognano di approfondire e di considerare come un possibile punto di partenza per accendere altri interessi, altre conoscenze, altre emozioni.

Nei primi anni dei Concerti l’Accademia Vivaldi, che li aveva ideati, preparava una copiosa documentazione, affinché gli insegnanti che iscrivevano i loro allievi agli spettacoli potessero prepararli e – perché no? – pianificare qualche attività successiva. Ma, per lo più, questo sussidio non funzionava.

È anche per questo motivo che, con la XIV edizione, imboccai la via del concerto-spettacolo, cioè un modo per porgere la musica in un contesto teatrale. In occasione del concerto del dicembre 1999 – «Incontro con Johann Sebastian Bach», interpretato da quel grande attore che è stato Hannes Schmidhauser – con Giovanni Galfetti registrammo un CD intitolato Duemila anni di musica, una stringata storia della musica che dal Bach eseguito da Jon Lord ci porta a Monteverdi e al canto gregoriano, passando a ritroso dai grandi nomi della storia della musica.

Così per lo spettacolo sul jazz, scrissi una storiella insieme a una maestra e aggiunsi le scelte musicali di Oliviero Giovannoni, Primo Mella e Danilo Moccia. La voce narrante fu affidata a Beppe Vedani, per gentile concessione della RSI, mentre l’edizione fu curata dal compianto Giovanni Cleis (UndoStudio 2001).

Mi piace proporne alcuni minuti, dalla scoperta dell’America a «Insomma, era nato un nuovo genere musicale, che si chiamava jazz!».

Sono certo che questo racconto e il contenuto del concerto-spettacolo avrebbero potuto offrire tantissimi spunti per fare cultura a scuola e per creare nuova conoscenza, storica e civile, tanti sono i temi correlati.

Ma il condizionale è d’obbligo.


P. S.: grazie a questo progetto, Primo Mella tornò al suo primo, grande amore musicale.

Don Giovanni: seduttore, ingannatore o solo un pirla?

Anche quest’anno abbiamo archiviato Piazzaparola (v. Sulle tracce di Don Giovanni con gli allievi di scuola elementare). Erano quasi 500 gli allievi che, con noi e coi nostri artisti, si sono lanciati alla ricerca di Don Giovanni quel giovedì 14 settembre. Dire che quel giorno pioveva ormai non fa più notizia, tanto sta diventando un’abitudine (v. il resoconto dell’edizione 2016); peccato, però, aver dovuto rinunciare alle piazze, che offrono un clima più spensierato e allegro, esaltando le storie, i loro interpreti e il pubblico stesso.

Nel “Dom Juan ou le festin de pierre” di Molière (1665), Sganarelle, servo di Dom Juan, fu interpretato dallo stesso Molière. Nell’Ouverture del nostro Piazzaparola, Emmanuel Pouilly è nel contempo Molière, Sganarelle e Leporello, il servo di Don Giovanni nella versione di Lorenzo Da Ponte e Wolfgang Amadeus Mozart.

In ogni modo, com’era peraltro prevedibile, di Don Giovanni son rimaste solo le tracce delle sue malefatte. E sì che, al cospetto della statua del Commendatore, aveva mostrato tutto il suo coraggio tracotante, accettando l’invito a cena. Ma sul più bello, forse terrorizzato dalla determinazione furiosa di Donna Anna, Donna Elvira e Zerlina, che neanche il fido Leporello riuscì a contenere, non s’è fatto vivo ed è forse finito all’inferno, passando da dietro le quinte.

“Lo vidi entrare avvolto in un mantello”. Sara Giulivi è Donna Anna.

Ma chi è, dunque, Don Giovanni? Sveva Casati Modignani, una scrittrice che se ne dovrebbe intendere, così si è espressa ai microfoni della RSI, sollecitata dalla giornalista: «Lei li chiama dongiovanni. Io li chiamo dei pirla. È proprio… – non so come dire – ci sono, ma sono degli esseri abbastanza infelici, alla fine gente che si ritrova poi sola, senza niente. Quando tu ami una persona, poi tutta la tua personalità, tutto il tuo vissuto viene messo in gioco in questo rapporto. E quando tu trovi la stessa sincerità, lo stesso impegno dall’altra parte, anche nei momenti più drammatici, più difficili, non può che scaturire sempre qualcosa di positivo» (Turné del 9 settembre).

Pur senza incontrarlo direttamente, ecco come l’hanno definito gli allievi di una 5ª elementare: elegante, furbo, imbroglione, cafone, vivace, irrispettoso, bugiardo, ma anche divertente, simpatico (ma non lo vorrei come papà, né come fratello).

Georgiana Bordeianu (viola) e Deolinda Giovanettina (violino) hanno accompagnato il racconto di Donna Anna.

In un’altra classe i pareri divergono:

  • Secondo me l’incontro con Don Giovanni è stato bello perché non ho mai visto un uomo con così tante fidanzate! (Mike)
  • Mi è piaciuto molto l’incontro con Don Giovanni, perché era un eroe e aveva tantissime fidanzate! È stato bello! (Leonardo)
  • Questa giornata è stata interessante. I costumi li ho trovati originali e belli, le loro storie sono state interessanti e carine. Mi è piaciuto molto, non vedo l’ora di ritornarci! (Michele)
  • L’incontro con Don Giovanni è stato interessante e anche utile, perché non pensavo che un uomo potesse prendersi gioco di così tante donne. Non immaginavo che esistesse un ingannatore così “provetto”! (Evelina)
  • La giornata organizzata da Piazzaparola e dedicata a Don Giovanni è stata molto interessante, perché ho potuto viaggiare in un’era diversa e ho potuto conoscere Don Giovanni attraverso Donna Anna, Donna Elvira e la contadina Zerlina. Ho notato che erano tutte furiose con Don Giovanni, perché sono state ingannate, truffate e ipnotizzate dal suo fascino. È anche per questo che, ancora adesso, si parla di lui. Io lo trovo furbo e anche un eroe. (Sofia)
  • Secondo me la giornata al Teatro di Locarno dedicata a Don Giovanni è stata molto bella, istruttiva e affascinante. Non immaginavo che quest’uomo avesse così tante ragazze! Era però prevedibile che prima o poi finisse nei guai! Personalmente ho imparato che nella vita puoi avere soltanto una donna. (Mattia)
  • Secondo me questa giornata è stata molto bella, tranne alcune scene, che per me sono state un po’ noiose: penso a quella di donna Elvira. (Enea)
“Non bisogna mai credere ai signori”. Jasmin Mattei è Zerlina, con Mirjana Tadic alla fisarmonica (e Luca Botturi, che doveva solo voltare le pagine dello spartito, e si è invece trovato, senza preavviso, a incarnare Masetto: grazie, Luca).
  • Per me la giornata dedicata a Don Giovanni è stata fantastica, poiché il tema mi ha affascinato particolarmente! Don Giovanni è un personaggio davvero strabiliante. Quando la mia maestra, in classe, ci ha parlato di lui ho pensato WOW!, ma mi sono pure chiesto come mai e soprattutto come facesse a ingannare tutte quelle donne! (Simone)
  • Questa giornata mi è piaciuta molto perché gli attori sono stati bravissimi! (Alessandro)
  • Per me l’incontro con Don Giovanni è stato bellissimo e divertente. Ho imparato tante cose nuove. (Sofiya)
  • La giornata al Teatro di Locarno è stata particolarmente interessante, poiché ho conosciuto un personaggio davvero speciale! Mi ha colpito la scena in cui Donna Anna ha raccontato il duello tra Don Giovanni e il padre di Anna! (Lucrezia)
  • Personalmente l’incontro con don Giovanni è stato davvero speciale, poiché non avrei mai pensato che un solo uomo potesse avere così tante fidanzate! Questo aspetto è veramente eroico! Pensando alla grande organizzazione, mi ha colpito la scena in cui Donna Elvira ha cantato la sua melodia quasi lirica. Mi sono piaciuti i costumi di Zerlina, che erano veramente belli! (Rahel)
  • L’incontro con Don Giovanni è stato divertente e istruttivo, perché non pensavo che un tizio potesse ingannare così tante donne. (Aldo)
  • Secondo me l’incontro con Don Giovanni è stato molto interessante. Anche se era un grande traditore, mi è piaciuto ugualmente. Se io fossi una donna gli starei alla larga! (Leo)
“Mare in burrasca, terra in tempesta, se non mi ami ti spacco la testa”. Cristina Zamboni è Donna Elvira.

In un’altra classe la conversazione del giorno dopo ha tentato di svelare qualche mistero:

  • Dov’era Don Giovanni? Forse non si voleva far vedere perché si vergognava. | Forse non voleva fare duelli con la spada. | Io volevo vedere un duello, magari Don Giovanni moriva. | Secondo me era a parlare con altre donne. | Era un’ombra e non si faceva vedere. | Peccato, avrei voluto vederlo. | Chissà come era vestito? | Io voglio diventare come Don Giovanni e amare tutte.
  • Le donne. Erano molto arrabbiate, volevano uccidere Don Giovanni, ma non lo trovavano. | Però secondo me gli volevano ancora bene… si capiva… | Non era facile capire quello che dicevano, ma sembravano tristi. | Forse volevano ancora parlare con Don Giovanni.

Gli allievi di una 4ª elementare di Minusio sono unanimi nel deprecare Don Giovanni, giudicato non certo un eroe, ma un falso eroe.

  • Prima di tutto ha ucciso, e non mi sembra tanto una cosa da eroe. Poi è un falso galantuomo. (Manuel)
  • Da una parte fa il gentiluomo, il cafone, e dall’altra distrugge l’amore. Lui queste cose le faceva apposta, perché sapeva di avere un bell’aspetto e quindi piaceva alle donne. Purtroppo però era cattivo e perfido nel cuore. (Thea)
  • Non rispetta le regole, le leggi e la religione. Fa quello che gli pare. È un uomo egoista, che manipola la gente e soprattutto le donne. Infatti questo seduttore tradisce le donne, promettendo loro il matrimonio per poi abbandonarle. (Eliot)
  • Lui agisce seguendo l’istinto, inganna le donne, è prepotente, commette molti peccati, non vuole rinunciare a niente, sperperando tutto il suo denaro. Non si pente mai, difende fino alla morte il suo spirito libero e libertino. Don Giovanni è una persona molto irrequieta, che non si sofferma su niente. (John)
  • Una notte entrò nella casa di Donna Anna, sapendo di ingannarla. Lei reagì gridando. Suo padre, il Commendatore, arrivò e quando vide Don Giovanni volle difendere sua figlia e lo sfidò a duello, ma morì nel duello. (Cesare)
Il soprano Elena Revelant, accompagnata al pianoforte da Giovanni Galfetti, ha completato il racconto di Donna Elvira.
  • Faceva innamorare le donne e le sposava, ma poi le abbandonava e andava in cerca di un’altra donna da ingannare e così via. Don Giovanni faceva credere che lui era un gentiluomo, ma in realtà era un uomo cattivo, perché si divertiva a imbrogliare le donne con delle false promesse. (Mattia)
  • Don Giovanni colleziona conquiste femminili, come e fossero le figurine dell’album dei campionati di calcio. Non credo che se una ragazza o una signora piange per lui, a lui importi veramente. Un eroe è una persona che rinuncia a qualcosa per sé stesso e pensa prima al bene degli altri. Gli eroi non fanno i duelli con la spada, ma cercano di creare pace e bene per tutti quanti. Un eroe di tanto tempo fa è San Francesco d’Assisi, che era nato in una famiglia ricca e ha regalato tutto ai poveri del suo villaggio. (Noelle)
  • Secondo me è sia un egoista che un ingannatore. (Alessia)

Almeno su un punto Don Giovanni ha mantenuto la promessa: «Chi son io tu non saprai». Resta l’interrogativo, per grandi e piccini: un grande seduttore, il più grande ingannatore della terra o, più semplicemente, un falso eroe o un celebre pirla?

Le foto sono di Luca Ramelli/SUPSI.


Per chi fosse interessato alla manifestazione maggiore, quella svoltasi a Lugano per i grandi, a inizio dicembre, rimando al sito ufficiale (http://www.piazzaparola.ch/) o, meglio ancora, alla ricca e affollata rassegna stampa.


 

 

 

 

 

 

 

Sulle tracce di Don Giovanni con gli allievi di scuola elementare

“Chi son io tu non saprai”: inseguendo l’ombra di Don Giovanni, il più grande ingannatore della terra, a cura di Silvia Demartini e Adolfo Tomasini, con le scelte musicali di Giovanni Galfetti.

[Comunicato stampa della SUPSI]

Giovedì 14 settembre 2017 sarà una giornata speciale per oltre 500 allievi delle ultime classi delle scuole elementari del Locarnese, una giornata in cui avranno occasione di spostarsi in vari luoghi della città (Teatro di Locarno, Piazza Grande, Corte interna del castello visconteo, Chiesa Nuova) sulle orme di un personaggio immortale, un autentico mito, narrato e musicato per secoli dai più grandi autori: Don Giovanni. Ciò accadrà in seno all’evento letterario luganese Piazzaparola (promosso dalla “Società Dante Alighieri” di Lugano, da quest’anno diretta da Yvonne Pesenti Salazar), che, da alcuni anni a questa parte, vanta a Locarno una filiazione di tutto riguardo: un evento d’eccezione dedicato agli allievi e ai loro insegnanti, promosso e sostenuto dal Dipartimento formazione e apprendimento della SUPSI.

Al pubblico verrà proposta, come nelle edizioni precedenti, un’immersione nella narrazione e nella musica (insomma nella cultura più profonda e completa), alla scoperta, questa volta, di un personaggio controverso e misterioso. Questo non verrà banalmente reso “da ragazzi”, ma realizzato “per ragazzi”, cioè pensando alla loro sensibilità, ma, allo stesso tempo, credendo nella curiosità e nello spirito critico dei giovanissimi destinatari, ai quali la letteratura ha molto da insegnare sul mondo di oggi.

Una sfida accattivante, lo si capisce subito. Il titolo della giornata è Inseguendo l’ombra di Don Giovanni, il più grande ingannatore della terra, e il programma (curato da Silvia Demartini e Adolfo Tomasini, con le scelte musicali di Giovanni Galfetti), consiste nel racconto delle avventure del celebre personaggio da parte di tre voci femminili. I loro racconti offriranno un punto di vista moderno e inedito, unendo alla più nota versione di Mozart e Da Ponte elementi precedenti e successivi. Un notevole numero di artisti di qualità, tra cui i musicisti Georgiana Bordeianu, Giovanni Galfetti, Deolinda Giovanettina, Elena Revelant e Mirjana Tadic, e gli attori Sara Giulivi, Jasmin Mattei, Emmanuel Pouilly e Cristina Zamboni, daranno vita alla manifestazione: per conoscerli e apprezzarli, non resta che aggirarsi per Locarno dalle 9.30 alle 15.00 del 14 settembre, e lasciarsi trasportare dalle letture e dalle note. Tutte i luoghi (Teatro, Piazza, Castello, Chiesa Nuova) sono aperti al pubblico. Si ringraziano gli sponsor Città di Locarno e SYZ Banque privée.

Qui è possibile scaricare il programma dettagliato della giornata.

Un’immagine della prima edizione locarnese (2013), dedicata a Giovanni Boccaccio: «Intendo di raccontare cento novelle nel pistelenzioso tempo»

Pinocchio e il fascino discreto della lettura

Non so se oggi sia ancora di moda l’esortazione di tanti insegnanti: «Bisogna leggere tanto per imparare a scrivere bene». Ho fatto l’insegnante e poi il direttore di scuola. Quelle sollecitazioni hanno un loro senso, è indubbio; ma contengono un che di moraleggiante, come uno che non sa bene a che santo votarsi e cerca una scusa per trarsi d’impaccio. La correlazione non è automatica: se il tuo insegnante, ad esempio, non è un lettore assiduo e magari – rara avis, ma può succedere – non ha particolari doti didattiche, la lettura come esercizio fine a sé stesso, un compito scolastico come tanti, diventa una (s)tortura semplicemente dannosa.

In buona sostanza è sempre meglio riflettere sul significato di quel che si dice, sennò si rischia di sparare precetti a vanvera, un po’ come quando chiedi Come va? all’incontrato per caso: non ti interessa neanche lontanamente la risposta, e ti meriteresti ogni volta un lungo catalogo di malanni e malesorti, da ascoltare pazientemente. Annuendo.

Non è il momento, proprio quando ci stiamo avvicinando al termine di questo strano anno scolastico, di imboccare lunghe dissertazioni pedagogico-linguistiche. La questione mi è venuta in mente incrociando un po’ per caso (ma proprio solo un po’) l’attività di due professionisti che stimo. Sul Corriere delle Sera del 17 maggio Paolo Di Stefano ha scritto: «Nessuno pensi di liberarsi di Pinocchio, come in fondo ha fatto Carlo Collodi, il quale, dopo aver creato il burattino di legno indomabile e bugiardo, per amore di lieto fine lo neutralizzò trasformandolo in un bravo ragazzo in carne e ossa. E come continua a fare la scuola, che lo ignora tranquillamente da oltre un secolo forse con l’idea che si tratti di un libro per l’infanzia e dunque un genere di narrativa «minore». Si sa che non è affatto così. Le avventure di Pinocchio sono un capolavoro della letteratura italiana, e bisognerebbe avviare una campagna perché la sua lettura diventi obbligatoria. O forse no: meglio evitare il rischio del rigetto scolastico, di cui sono vittima da sempre I promessi sposi» (Pinocchio in cattedra: saggi e convegni anche nelle università).

Cammina, cammina, cammina, alla fine sul far della sera arrivarono stanchi morti all’osteria del Gambero Rosso.

A naso, e guardando alle mie esperienze recenti, direi che nel canton Ticino Pinocchio e le sue avventure accendono ancora amori e passioni, forse perché le vicende del burattino più famoso del mondo non sono mai diventate, neanche a scuola, strumenti di sevizia. Fino a qualche decennio fa Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino erano un intermezzo ai pur piacevoli libri di lettura di Dante Bertolini – che erano solo quattro, uno in meno della durata della scuola elementare. Ecco allora che in 3ª, o più facilmente in 4ª, il romanzo di Collodi era un’inusuale parentesi lunga un anno. Mi verrebbe da dire che i personaggi di questo grande romanzo resistono bene all’usura del tempo e continuano a solcare le nostre aule, come racconti continuati e come letture individuali, ma anche come veri e propri itinerari didattici: forse perché, a parte qualche inevitabile eccezione, Pinocchio non è mai stato usato come strumento di accanimento pedagogico – e il personaggio è avvincente per conto suo.  Che poi, a ben guardare, anche il finale del romanzo – quando Pinocchio diventa leziosamente un bambino – può prestarsi ad altre interpretazioni. Philippe Meirieu, nel suo «Frankenstein pédagogue», libro del 1996 poi tradotto in italiano nel 2007 col titolo Frankenstein educatore, ne dà un’interpretazione divergente e originale.

«Salitemi a cavalluccio sulle spalle e abbracciatemi forte forte. Al resto ci penso io, disse Pinocchio a suo padre. Appena Geppetto si fu accomodato per bene sulle spalle di suo figlio, Pinocchio, sicurissimo del fatto suo, si gettò in acqua e cominciò a nuotare… Ora è ben lontana la piccola peste velleitaria e capricciosa di cui nessuno si sarebbe fidato. Al suo posto c’è un bambino determinato che non esita ad affermare la sua volontà, serenamente e senza violenza; un bambino che ha abbandonato le gesticolazioni disordinate e gli impulsi contraddittori… per stabilire, alla fine, un atto, uno vero, “un atto di coraggio”, direbbe qualcuno: forse, semplicemente, “un gesto da uomo”.

A fare da contraltare a questo intervento preoccupato e combattivo, ecco nuovamente Paolo Di Stefano, ospite di Daniele Dell’Agnola nella puntata del 24 maggio del programma Il bidello Ulisse nella rete dei libri La vera storia di Selim! – durante la quale si è parlato del romanzo I pesci devono nuotare, attraverso tre pareri di ragazze di scuola media, che l’hanno letto, e una chiacchierata con l’ospite della puntata, lo stesso Di Stefano.

Il bidello Ulisse è il personaggio, inventato da Dell’Agnola, che ha mosso i primi passi come protagonista di una rubrica pubblicata nell’inserto culturale del Corriere del Ticino. Nel 2015, pur continuando sporadicamente le incursioni cartacee, Ulisse si è trasferito armi e bagagli su Teleticino: in tre anni ha inanellato quaranta puntate, ha coinvolto un centinaio di allieve e allievi, coi loro insegnanti di una decina di sedi di scuola elementare e media; e, soprattutto, ha presentato ottanta libri, messi di volta in volta sotto i riflettori e gli occhi critici di quei ragazzi che, i libri, li avevano incontrati a scuola.

Insomma, un gran bel segnale (anche se tra gli ottanta titoli, sino a oggi, non è comparso Pinocchio: forse perché non ha più bisogno di promozioni televisive). Anche se…

Anche se non bisogna mai dare nulla per scontato, perché il pericolo è che, un giorno o l’altro, di Pinocchio restino solo le versioni cinematografiche, da quella scioccamente moralista di Walt Disney (1940), allo sceneggiato televisivo di Luigi Comencini (1972) o alla prova di Roberto Benigni (2002), oltre alle innumerevoli rivisitazioni del teatro per ragazzi, che resteranno tali solo fino al giorno in cui il pubblico conoscerà ancora l’originale, con tutti i suoi sani sberleffi.

Qui giace la bambina dai capelli turchini, morta di dolore per essere stata abbandonata dal suo fratellino Pinocchio.

Prima che sia troppo tardi, quindi, conviene tener viva l’anima anarchica di Pinocchio, in modo da custodire la storia di quel pezzo di legno, che piangeva e rideva come un bambino, e che subito dopo aver imparato a camminare da sé e a correre per la stanza, infilata la porta di casa, saltò nella strada e si dette a scappare.


Le due immagini sono tratte dal volume Pinocchios Abenteuer. Eine Geschichte die vor mehr als hundert Jahren in Italien Passierte, mit 60 Bildern von Frl. Martha Pfannenschmid, 1968, Zürich: Silva-Verlag.