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Dalla Russia con passione: un’altra avventura con la musica per le scuole

Per tanti anni ho organizzato i «Concerti per le scuole». Ufficialmente è dal dicembre del 1998, quando avevo affiancato il presidente dell’«Accademia Vivaldi», che li aveva istituiti sette anni prima. Con me e con tanti altri collaboratori occasionali, c’è sempre stato Giovanni Galfetti, amico, collega maestro di educazione musicale quando insegnavo nelle elementari e oggi sensibile e competente insegnante di musica e di didattica della musica presso il Dipartimento Formazione e Apprendimento della SUPSI, nonché esperto di educazione musicale nelle scuole elementari del nostro cantone.

Da quel dicembre di quasi vent’anni fa a oggi ho curato 40 delle 51 edizioni dei «Concerti», portando al Teatro di Locarno – altro prezioso e fondamentale tassello di questa proposta culturale – qualcosa come 92’242 allievi, per lo più delle scuole dell’infanzia, elementari e speciali, sull’arco di 208 repliche.

Ricordo naturalmente con piacere tutte le edizioni, per un verso o per l’altro. Scorrendo la lista dettagliata di tutte le produzioni chiunque farà incontri che possono essere sorprendenti.

Nondimeno lo spunto per parlare dei «Concerti» mi è venuto dalla recente 51ª edizione per tante ragioni, che elenco senza ordine d’importanza.

1. Un po’ di mesi fa Elena Zaccheo, che mi è succeduta alla direzione delle scuole comunali di Locarno, mi ha chiesto di far ripartire i «Concerti», così da mantenere una bella tradizione proposta dalle nostre scuole.

2. Tenuto conto che per le proposte culturali i tempi sono diventati difficili, la direttrice Zaccheo ha pure fatto in modo di trovare un sostegno finanziario esterno: perché i costi non sono imponenti, ma il biglietto d’entrata è fermo a 3 franchi da 25 anni, e non è oggi il caso di adeguarlo. Il sostegno, prezioso, è venuto da ASSIMEDIA, Società di servizi assicurativi dal 1986.

3. Per ripartire ci voleva qualcosa di speciale. Così verso la fine di settembre ho incontrato Andrea Pedrazzini, un giovane e bravissimo musicista che, quando aveva dieci anni, aveva interpretato Mozart bambino nel concerto «Viva Mozart». Era l’inverno del 2003 e ad applaudire vennero in 3’427 (nella hit parade “quantitativa”, solo «Ai miei nonni piace il rock» fece di meglio).

Andrea Pedrazzini

4. Andrea mi propose un concerto-spettacolo centrato sulla musica russa, che io accettai al volo. Mi disse inoltre che avrebbe costituito un’orchestra di 10/15 giovani musicisti e che avremmo dovuto cercare un narratore/presentatore. Lo spettacolo si sarebbe chiamato Promenade all’est della musica – Una passeggiata nella musica classica dell’Europa orientale.

5. Alla fine non è andata così, per niente. Il narratore/presentatore è stato un bravissimo Fabio Doriali, che assieme ad Andrea, pianista, a Deolinda Giovanettina, violinista, e a Elide Garbani Nerini, flautista, ha vestito i panni degli autori del concerto-spettacolo.

Da sinistra Elide Garbani Nerini, Arseniy Shkaptsov, Deolinda Giovanettina e Fabio Doriali
Da sinistra Elide Garbani Nerini, Arseniy Shkaptsov, Deolinda Giovanettina e Fabio Doriali

6. E, sempre alla fine, i 10/15 sono diventati 20, età media 27 anni e qualcosa, provenienti dai quattro angoli del globo: oltre a otto svizzeri, l’orchestra annoverava un iraniano, due italiani, una lituana, un’olandese, un russo, due spagnoli, uno statunitense e una venezuelana. E sono felice di poterli elencare per esteso, proprio com’era scritto sulla locandina del concerto: Mohammad Shelechi (direttore), Christina Buttner, Deolinda Giovanettina, Kamile Maruskeviciute, Livia Roccasalva (violino), Daria Canova, Silvia Concas, Sara Martinez (viola), Giacomo Brenna, Ulisse Roccasalva (violoncello), Grecia Crehuet (contrabbasso), Elide Garbani Nerini (flauto e ottavino), Daniel Souto (oboe), Alba Dominguez (clarinetto), Arseniy Shkaptsov (fagotto), Johan Warburton (corno), Giuseppe Cima (tromba), Mattia Terzi (percussioni), Andrea Pedrazzini (pianoforte) e Fabio Doriali (narratore).

Gran finale con la Danza ungherese n° 5 di Johannes Brahms
Gran finale con la Danza ungherese n° 5 di Johannes Brahms

7. I brani e gli autori proposti nei 55 minuti del Concerto sono partiti da un breve accenno della Moldava di Bedřich Smetana, per terminare con la Danza ungherese n° 5 di Johannes Brahms. In mezzo Modest Musorgskij, Dmitrij Šostakovič, Igor’ Stravinskij, Pëtr Il’ič Čajkovskij e Sergej Rachmaninov.

Il Maestro Mohammad Shelechi.
Il Maestro Mohammad Shelechi.

Per me sono stati due giorni emozionanti: per la bellezza del repertorio proposto; per la simpatia, la modestia e la bravura di tutti i venti giovani sul palco; e perché il pubblico ha gradito e si è appassionato.

Chi non ci crede ascolti questa esecuzione del Valzer n° 2 dalla Suite per orchestra di varietà di Šostakovič: dura meno di due minuti, ma ne vale la pena per davvero.

E se proprio il tempo è tiranno – versione diplomatica del più noto «Il tempo è denaro» – si può ascoltare questa abbreviazione di pochi, significativi secondi:

 

Archi e non solo

Ora, però, è giunto il momento di pensare alla 52ª edizione.

«Il web non è il luogo adatto per parlare di sesso»: se lo dicono Loro…

Mi ero già occupato del bel libro «L’incontro», il testo dedicato ai temi della sessualità e dell’affettività, promosso dal DECS per gli allievi della scuola media. Il 17 ottobre avevo pubblicato un articolo – A proposito di educazione alla sessualità e all’affettività – prendendo spunto da un bel contributo di Daniele Dell’Agnola – Il seno di Palomar – Incontri a scuola, fra Italo Calvino e altri profumi – pubblicato su La Regione.

In questi giorni il nostro Dipartimento dell’educazione ha deciso di mettere in rete la versione ufficiale del testo, in attesa che, tra qualche settimana, sia disponibile la versione cartacea per gli allievi di III e IV media. Permane il mistero sull’identità del membro della commissione che aveva fornito a Il Caffè la versione non ancora definitiva del testo, con motivazione altrettanto ambigua.

Il parlamentare PopDem Maurizio Agustoni, contrario sin dalla prima ora a certi “capitoli” del manuale, ha rilasciato la sua opinione al Corriere del Ticino, poi ripresa da TicinoNews: «La cosa non mi scandalizza, sia chiaro. Detto questo, la trovo poco sensata rispetto all’idea stessa del manuale, pensato per essere affrontato con un filtro educativo. Se l’idea era quella di discutere di temi anche espliciti in un contesto formativo e con delle persone competenti, metterlo in internet senza nessuna particolare indicazione su destinatari e contenuti mi sembra davvero poco coerente. Non credo che il web sia il luogo adatto per affrontare questi argomenti».

Il Giornale del Popolo del 20 febbraio ha ripreso la dichiarazione (Già online. Ma perché?).

Le parole-chiave sono due: filtro, riferito all’educazione, che senza un intervento demiurgico rischia di essere male interpretato da menti immature e inesperte. E adatto, che non ha bisogno di chiarimenti.

Diciamolo: Agustoni e il Giornale del Popolo hanno ragione. Una ragione sacrosanta. Lo sanno tutti che il web non è il luogo adatto per affrontare questi argomenti. Il web è noto al mondo per essere un luogo virtuale pensato per educande, seminaristi, penitenti e, tutt’al più, bigotti e moralisti.

Non sporchiamolo con le porcellate comuniste e laiciste dei tanti mangiapreti a oltranza.

Complimenti alla scuola elementare di Maloja!

Che bello, davvero!

Nell’ambito del «Premio scolastico svizzero 2015», la Scuola elementare bilingue del comune grigionese e bregagliotto di Maloja ha ottenuto il premio nella categoria «Svizzera italiana», con la seguente motivazione:

Il piccolo istituto bilingue di Maloja mostra chiaramente come in una scuola assai eterogenea si possa creare una forte coesione attraverso metodi didattici flessibili e creativi. L’insegnamento è completamente bilingue, ci sono classi con allievi di varie età e si punta a un soddisfacimento individuale dei bisogni delle studentesse e degli studenti nonché a una vita scolastica familiare, che si concretizza tra l’altro nella mensa.

Chi mi segue in questo sito (i miei followers, che brutta definizione) sa che nutro una stima quasi incontrollata per le pluriclassi e la diversità più esagerata. Questo premio, dunque, mi riempie di felicità, perché va controcorrente.

Guardatela qua, la scuola elementare bilingue di Maloja.

Auguriamoci tutti insieme che la scuola di Maloja, insieme a tante altre scuolette, non sia annientata da ragioni economiche (come ad esempio la scuola intercomunale di Derrière-Pertuis, che avevo citato parlando del documentario «Tableau noir» di Yves Yersin) o, peggio, dalle menate tecnocratiche ed efficientiste imposte dall’Accordo intercantonale sull’armonizzazione della scuola obbligatoria, più noto come HarmoS, con le maiuscole in entrata e in uscita.

È già di nuovo tempo di auguri

Ohibò. Mi sono preso la briga di andare a rileggere cosa avevo scritto esattamente un anno fa. Lasciamo perdere. Tra qualche giorno le testate più varie e variegate cominceranno gli amarcord dell’anno testé trascorso.

Oggi volevo giocare a Facciamo che io ero… Gianni Rodari (figuratevi!). Così ho iniziato a comporre una filastrocca:

Quest’anno che tra poco finirà / è partito giusto giusto un anno fa. / E quell’altro che s’avvia di venerdì / sarà vecchio da qui a un anno o giù di lì.

Poi, ovviamente, mi sono fermato, e non solo perché io non sono Gianni Rodari.

Ma, insomma!, gìrala, vòltala e pìrlala, siamo sempre al punto di partenza. Da oltre due secoli c’è la scuola pubblica e obbligatoria, oltre a quell’altra che viene prima o dopo. Ma il boccino è sempre in mano ai soliti noti, e non c’è verso che lo mollino, al di là della democratizzazione degli studi, delle pari opportunità, della partecipazione delle tante componenti attive o passive (o neutre), e via elencando: tanto a smenarci son sempre i soliti poveri cristi. Il sistema, per loro, non prevede vie d’accesso ai piani alti della piramide meritocratica, ma solo percorsi di guerra.

L’ho scritto più volte, citando il professor Walo Hutmacher: «Réclamer l’égalité des chances, c’est s’empêcher de viser l’égalité des résultats a un niveau élevé» (Éducateur, febbraio 2012). Non so come bisognerebbe fare. Si potrebbe cominciare dalla scuola dell’obbligo, che dovrebbe essere un luogo in cui gli insegnanti insegnano e gli allievi si sentono al sicuro. Come dice un vecchio proverbio, sbagliando s’impara, ma non è giusto che gli errori siano puntualmente puniti. Ha scritto Aristotele, nel libro II dell’Etica a Nicomaco: «Le cose che bisogna avere appreso prima di farle, noi le apprendiamo facendole». È il principio di ogni insegnamento e di ogni apprendimento. Solo certa scuola riesce a farsene un baffo, a fingere che non è così.

Insegnare è un mestiere difficile e faticoso.

© Foto di Gianni Goltz, spedizione al Broad Peack, al confine tra Cina e Pakistan, nella catena del Karakorum (8047 m s/M).
© Foto di Gianni Goltz, spedizione al Broad Peack, al confine tra Cina e Pakistan, nella catena del Karakorum (8047 m s/M).

Lor signori, per citare il mio amato Fortebraccio, trovano sempre il modo per schivare l’oliva. Una volta è la meritocrazia, madre di tutte le politiche educative, e un’altra i soldi, che se non ci sono non è mica possibile fare le necessarie e ineludibili riforme. Concordo con Alex Farinelli, quando scrive, citando il compianto Giuseppe Buffi e rivolgendosi al ministro dell’educazione, che è troppo facile chiamarsi fuori…

Ora ci sono i nuovi piani di studio, armonizzati da Oberbangen nel Canton Sciaffusa a Pedrinate quaggiù in Ticino, da Chancy nel Canton Ginevra a Müstair nei Grigioni. Là fuori Germania, Italia, Francia e Austria.

E nel tempo d’uno sbatter di palpebre ecco a voi, elettrici ed elettori, La Scuola Che Verrà, a condizione che ci siano i soldi.

È una storia che sentiamo ormai da tanti, troppi anni. C’è sempre un alibi, un dito dietro il quale nascondersi.

Mi spiace, davvero, ma questi non sono tempi che inducono all’ottimismo. L’anno che stiamo per lasciarci alle spalle è iniziato a Parigi, il 7 gennaio, ed è terminato nuovamente a Parigi il 13 novembre.

Tra qualche giorno comincerà il nuovo anno. Non sembra che vi siano troppi motivi per brindare. Così riprendo pari pari gli auspici di un anno fa. Tanti tanti auguri a tutti quelli che, per scelta o per caso, conosciuti o sconosciuti, visitano questa mia piazzetta virtuale; e poi, magari, sorridono, annuiscono o smoccolano come si deve. Grazie, qualunque sia la reazione.

© Foto di Gianni Goltz, spedizione al Dhaulagiri, la Montagna Bianca (Nepal, catena dell’Himalaya, 8167 m s/M).
© Foto di Gianni Goltz, spedizione al Dhaulagiri, la Montagna Bianca (Nepal, catena dell’Himalaya, 8167 m s/M).

Così parlò Manuele Bertoli: «Se le mie risposte infastidiscono, basta non leggerle»

È inutile cercare scuse: forse sono l’unico sciocco che s’è accorto con ritardo bernese che il Consigliere di Stato direttore del Dipartimento dell’Educazione, della Cultura e dello Sport – insomma, del DECS – aveva commentato il mio articolo «Le proposte del ministro su HarmoS e il Piano di studi», apparso sul Corriere del Ticino del 2 novembre scorso.

Eppure è stato lesto, il nostro Ministro: ha commentato il giorno stesso, sul portale denominato Ticino Libero.

Detto di transenna: il web è affollato di “Ticini”. C’è quello online e c’è quello news, senza contare le libere TV e tanti altri. Ora ho scoperto, appunto, Ticino Libero, che, dal nome, sembra un pochettino leghista, ma solo un po’. Se ne sentiva la mancanza.

Per tornare a bomba: Manuele Bertoli ha dichiarato che da quando dirige il DECS e risponde pubblicamente alle critiche più o meno fondate sui temi di sua competenza che legge dai media, osserva che, curiosamente, spesso le sue risposte dànno fastidio. Pare, stando al portale, che Bertoli ’ste cose le abbia scritte sul suo sito. E precisa: «La cosa è bizzarra, poiché mi pare naturale che rispondere faccia parte del mio mandato. Lo è ancor di più se il fastidio verso la risposta si fonda sulla rapidità di reazione, quasi come se rispondere subito sia sintomo di qualche problematicità». E poi aggiunge, stando sempre al libero portale: «Porre delle questioni pubblicamente è più che legittimo e rispondere mi pare il minimo, almeno per chi è interessato a un vero dibattito. Se poi le mie risposte infastidiscono, basta non leggerle». In definitiva, però, si limita e manifestare il suo fastidio, senza entrare nel merito delle osservazioni, alla faccia del dibattito.

Anche se, figuriamoci, il Ministro non deve mica rispondere a me, casomai al Paese.

Naturalmente non mi ha sconvolto il fatto che un Consigliere di Stato abbia replicato ai miei appunti. Mi ha invece scombinato l’invito a non leggere le risposte che potrebbero far venire il nervoso.

Ricapitoliamo.

Al mio articolo – Le proposte del ministro su HarmoS e il Piano di studi, sul Corriere del Ticino di lunedì 2 novembre – il direttore del DECS ha replicato il giorno stesso su Ticino Libero. Titolo: Bertoli scocciato, «se non vi piacciono le mie risposte non leggetele». Sottotitolo: Un articolo sul Corriere del Ticino infastidisce il ministro socialista, «come se rispondere subito sia sintomo di qualche problematicità».

Certamente potrei dire la stessa cosa al ministro Bertoli: con tutti i pensieri che derivano dall’essere Consigliere di Stato di questa Repubblica, non è il caso che ci si debba occupare anche delle scocciature. Ma, appunto, basterebbe evitare di leggerle.

Faccio parte di quella generazione che ascoltava il giornale radio delle 12.30 in religioso silenzio. Ne ho parlato più volte nella mia rubrica sul Corriere del Ticino, «Fuori dal’aula».

Ricordo bene la voce di Mario Casanova, che per decenni, come annota il Dizionario storico della Svizzera, fu “la voce” dell’informazione. Al di là di tante vicende, internazionali e locali, rammento come se fosse ieri il primo volo di un uomo nello spazio – Jurij Gagarin, 12 aprile 1961, avevo otto anni – o gli ultimi giorni di Palmiro Togliatti, nell’estate del 1964. Ero a Someo, dai nonni, per un periodo insolitamente lungo. Mio nonno, socialista, seguì con apprensione il decorso del Migliore verso la morte. E io con lui, senza capirci molto, se non la sacralità civica dell’accadimento.

Certo, in quegli anni non c’erano ancora Politica Nuova, settimanale marxista leninista e rivoluzionario dei locali socialisti, che avevano bisticciato coi socialisti storici e tradizionali, e che, per certi versi, diede avvio alla lunga stagione dello sputtanamento del potere politico e della sua messa alla berlina non stop. E non c’erano neanche la Lega dei ticinesi e il domenicale gratuito Il mattino della domenica, che formalmente non è l’organo della Lega, benché ne rappresenti il piedistallo elettorale e la linea politica. In mezzo, tra i due e tanti altri, non c’erano ancora stati Silvio Berlusconi, l’Unto del Signore, e le numerose derive tanto o poco scellerate.

Brenno Bertoni - Il Frassineto COPERTINAPer dirla tutta: sono nato e cresciuto in un contesto culturale un poco diverso, che magari si serviva del Frassineto, il famoso testo di educazione civica di Brenno Bertoni del 1933, «Unico testo approvato dal Dipartimento della Pubblica Educazione», ma che offriva ancora qualche solido punto di riferimento, anche se legittimamente soggettivo.

Tuttavia se un Ministro della Repubblica invita a non leggere le sue risposte qualora possano infastidire, non so proprio più cosa pensare.

Dovrò scegliere: piangere e disperarmi oppure, in linea perfetta coi tempi che viviamo, scrollare il capo e lasciarmi andare a un’enorme risata?

Forse mi converrà continuare come prima. E se a qualcuno verrà qualche prurito, che se lo gratti.